Non ci siamo.
Cari adulti, non ci siamo davvero. E non me lo spiego.
O meglio – tralasciando le reazioni scomposte di chi a prescindere non crede nei movimenti giovanili, né nell’opportunità che dei “minori” (non solo in senso strettamente anagrafico, ma in un più ampio senso sociale) esternino il loro malessere e/o dissenso aspettandosi che a questo venga offerta risposta – comprendo la delusione di quei docenti, per lo più appassionati e sinceramente interessati al benessere dei loro studenti, che avrebbero preferito continuare a cullarsi nell’idea che la loro scuola, quella in cui loro investono la suddetta passione, non venisse “presa”. È dura, lo capisco.
Ma assistere ieri sera da uditrice a un consiglio di istituto straordinario in cui i rappresentanti di quei docenti, insieme ai rappresentanti d’istituto dei genitori, avrebbero dovuto dibattere circa quanto sta accadendo nella scuola occupata da 48 ore, mi ha depresso e allontanato dai miei coetanei.
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