DI FAVOLE ME NE INTENDO
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Al suo debutto in Rai, il martedì in prima serata Marco Liorni è l’inviato speciale de “I sogni son desideri”, un’esperienza molto gradevole che il conduttore romano affronta come un ulteriore passo verso ‘l’età adulta’ professionale
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di Camilla Perrucci
“Ormai la separazione fra i due ambienti non è più così rigorosa: basta pensare che nel Festival di Sanremo sono stati coinvolti personaggi Mediaset…”. Marco Liorni, che in queste settimane vediamo su Rai Uno in veste di inviato a “I sogni son desideri”, ci ha raccontato così il suo passaggio a “Mamma Rai” dopo tanti anni trascorsi fra le fila di Mediaset. In particolare, ci è apparso chiaro fin dalle prime battute che il cambiamento, nel suo caso, sia stato vissuto fondamentalmente come occasione di crescita: “in questa fase della mia carriera, dopo tanti anni di ‘Grande Fratello’, ho bisogno di fare esperienze nuove e di capire cosa potrebbe darmi maggiori soddisfazioni. È questa la principale ragione del mio debutto in Rai. Per lo stesso motivo, l’anno scorso avevo presentato un programma anche su Sky: sto attraversando una fase di ricerca. Certo, a un certo punto dovrò fare progetti a più lunga gittata, ma solo cimentandomi in generi diversi potrò capire cosa voglio fare ‘da grande’. Considero “I sogni son desideri” una prima esperienza gradevole, utile per muovere i primi passi in Rai e capire come si lavora da queste parti.”.
Anche ne “I sogni son desideri” c’è una componente di reality: è un “people show”, basato sui racconti e sulle emozioni di gente vera. Ma tu vieni ancora spesso identificato con quello che in Italia è il reality per antonomasia, il ‘Grande Fratello…
“È vero e questo è proprio uno dei motivi per cui ho deciso di lasciare Mediaset…”.
Pensi che sia un genere destinato a durare o noti segnali di declino?
“Secondo me, c’è stata una crisi di vocazione dei reality show un paio di anni fa: ce n’erano troppi e anche in quelli ‘storici’, il ‘GF’ e ‘L’isola dei famosi’, c’era aria di crisi. Ma il loro successo dipende molto dal cast – perché talvolta la selezione dei partecipanti è meno fortunata rispetto a quella di altre edizioni – e dal lavoro degli autori: insomma, penso possano funzionare ancora. Quest’anno, per esempio, ho seguito poco il “Grande Fratello”, ma guardando l’ultima puntata ho notato che mi colpiva con la stessa energia di qualche anno fa. Quel programma possiede una forza incredibile! Ripeto: molto dipende dalle scelte degli autori. La stessa cosa vale per ‘I sogni son desideri’: in redazione arrivano migliaia di richieste e sta agli autori scegliere i desideri più ‘adatti’, quelli giusti per la trasmissione”.
Vi recate in località piuttosto depresse e problematiche: pensi che l’attimo di gioia che regalate realizzando il desiderio di un singolo possa dare speranza anche ad altri, riflettendosi sull’intera comunità?
“Non credo che i nostri interventi rimangano fini a se stessi. Piccolo o grande che sia, il sogno che realizziamo ha sempre una ricaduta positiva in termini di nuovo entusiasmo e speranza. E credo che questo non riguardi solo quella singola persona: il fatto che succeda a uno, infatti, spinge anche gli altri a pensare che qualcosa di bello potrebbe capitare anche a loro”.
Ma il pubblico a casa viene davvero coinvolto da quelle storie? Oppure per il telespettatore è puro spettacolo, come un film?
“Credo che ogni vicenda sia paradigmatica: vedendo una persona in difficoltà che realizza un desiderio, chiunque può identificarsi nella sua storia, anche se i suoi problemi non c’entrano nulla con quelli raccontati in tv. Insomma, penso che le emozioni suscitate da queste vicende possano aprire delle porte in molti di noi. Certo, molto dipende dalla sensibilità personale e qualcuno può viverlo come puro intrattenimento. In ogni caso, credo che mostrare interesse per ciò che capita agli altri sia sempre positivo”.
Hai raccontato di aver conosciuto Caterina Balivo on line, su Facebook, e recentemente hai anche pubblicato un libro (“Facebook. Tutti nel vortice”, Armando Curcio Editore, ndr) dedicato proprio a questo social network: la tua è una vera passione?
“Sono molto appassionato di internet in generale, perché è il posto dove puoi fare tante cose che prima non potevi fare: insomma, è il vero ‘posto dei sogni’, dove in un attimo puoi accedere a infinite informazioni e contatti… Ovviamente con le dovute cautele! Facebook mi piace perché lo vivo come un grandissimo racconto: è come ritrovarsi in un ‘brainstorming’ continuo, ti fa davvero entrare in contatto con quello che pensano le persone. Può parlarne male solo chi non lo conosce”.
Il tuo è un “instant book”: significa che l’hai realizzato in pochissimo tempo. La scrittura è un’altra tua passione o è stato un caso unico?
“Ho sempre amato scrivere: negli anni ho cominciato infiniti racconti… purtroppo senza mai concluderne uno! Quello su Facebook, in effetti, l’ho scritto in soli 15 giorni, ma l’idea mi è venuta mentre stavo lavorando a un altro libro che pubblicherò prossimamente e che racconta la storia vera di un vincitore al Superenalotto”.
Sei anche un conduttore radiofonico: cosa rappresenta per te l’impegno con Radio Dimensione Suono?
“Da sei anni fa parte integrante della mia esistenza: è un appuntamento quotidiano, un pezzo di vita costruito giorno per giorno… tranne la domenica! È un’opportunità straordinaria per comunicare e per esprimere le mie idee: un privilegio assoluto. Anche se, essendo un bravo ragazzo, cerco di tenere a freno il narcisismo concentrandomi sul ‘servizio pubblico’! Insomma, non mi prendo troppo sul serio, ma prendo molto seriamente il compito che mi è stato affidato”.
Torniamo a “I sogni son desideri”… La trasmissione si ispira alla storia di Cenerentola: tu come te la cavi come narratore di favole? Le hai raccontate ai tuoi figli?
“Se non sono via per lavoro, a Emma, che ha 5 anni, le racconto ancora ogni sera: si addormenta così. A casa mia, infatti, ‘mi racconti una storia?’, è una delle frasi che si sentono più spesso. Facevo lo stesso anche con Niccolò (14 anni, ndr) quando era più piccolo. Spesso le invento io, oppure spaccio per mie storie già esistenti cambiando ad arte qualche particolare, ma non sempre ci riesco perché è molto faticoso… Per fortuna, in casa abbiamo anche un’enciclopedia delle favole che qualche volta mi viene in aiuto!”.