Intervista a Maurizio Casagrande – Telebolero 14/2009

IN DIRETTA È MEGLIO

Innamorato perdutamente del palcoscenico, ma fortunato anche al cinema e in tv, Maurizio Casagrande ci racconta la sua avventura a “I raccomandati”, dove indossa ogni venerdì sera la toga da “avvocato difensore”, e ci confida di cosa proprio non potrà mai fare a meno…

Amatissimo dal pubblico di Canale 5 nei panni del Maresciallo Bruno Morri di “Carabinieri”, fiction che lo vide protagonista per ben tre stagioni, dal 2005 al 2008, Maurizio Casagrande in questo momento è un volto di Rai Uno: nella settima edizione de “I raccomandati”, infatti, è uno dei due “avvocati difensori” che il venerdì sera sostengono con le loro arringhe i concorrenti.

Ti trovi a tuo agio in tv?

“Quello de ‘I raccomandati’ è un caso particolare, perché lì, in realtà, faccio il mio lavoro. Nello show, infatti, sono un attore che finge di fare l’avvocato e questo ‘far finta’, che poi significa recitare, mi tutela molto. Inoltre, siamo in diretta e io amo molto questo modo di lavorare. Tempo fa l’avevo sperimentato in ‘Famiglia Salemme show’ (Rai Uno, 2006, ndr) e anche allora mi era piaciuto, perché era quasi come essere a teatro: in diretta non hai possibilità di ripetere nulla e questo la rende una sfida divertente”.

Avevi seguito le precedenti edizioni del programma?

“In realtà no, l’avevo solo intravisto qualche volta, perché non guardo molto la tv… Ma questa forse è stata una fortuna, perché non conoscendone a fondo i meccanismi penso di essere riuscito a essere più spontaneo”.

Cosa pensi di Pupo, che dopo sei edizioni ha ereditato il timone della trasmissione da Carlo Conti?

“Credo che la differenza fra i due, quanto a stile di conduzione, stia nel fatto che Pupo è più pacato, sornione, mentre Conti è un po’ più ‘aggressivo’, in senso gioioso, naturalmente. Devo dire, comunque, che la pacatezza di Pupo mi a messo molto a mio agio. A causa dei miei impegni a teatro, infatti, non riesco mai a partecipare alla prova generale: ogni settimana mi presento direttamente il venerdì pomeriggio, affrontando la diretta senza grande preparazione. La sera della prima puntata, quindi, quasi non sapevo cosa sarebbe successo! Potevo contare sugli autori, naturalmente, ma ero comunque un po’ preoccupato… Guardare Pupo condurre con tanta tranquillità, però, mi ha molto rilassato, infondendomi fiducia”.

Di Elizabeth Kinnear, la modella scelta per fare da spalla al conduttore, cosa ne pensi?

“La trovo simpaticissima. È splendida, naturalmente, ma è soprattutto dotata di grande autoironia: si comporta quasi come se fosse brutta! Riesce a mostrare quel mix di goffaggine e simpatia che, in genere, caratterizza le donne poco attraenti… pur essendo bellissima! Un connubio interessante…”.

Prossimamente sarai su Canale 5 nella fiction “Piper”. Che ruolo avrai?

“In ‘Piper’ sono un magistrato tutto d’un pezzo, addirittura un censore: mi sono divertito moltissimo a interpretarlo. Mi sono divertito persino a leggere il copione, cosa che mi capita raramente…”.

E cosa succederà a questo magistrato?

“Il problema sarà la sua amante… Si imbatterà in una ragazzina giovanissima che lo sconvolgerà, facendolo decisamente vacillare. Diciamo che la loro vicenda è una metafora del grande cambiamento rappresentato dagli anni ’60, anni che hanno mutato alla radice la storia”.

All’epoca in cui è ambientata la fiction eri un bambino. Cosa sono per te gli anni ’60?

“Sono cresciuto nel mito di quel decennio, soprattutto della sua ultima fase, del ’68. Non tanto a livello politico, ma perché da ragazzo ero un musicista è ho vissuto intensamente la rivoluzione musicale. Rimpiangevo di non essere nato prima perché non avevo potuto partecipare a Woodstock!”.

I ’60 sono davvero “mitici”, quindi?

“Credo proprio di sì e secondo me il loro fascino dipende dalla loro unicità, dal fatto che non assomigliano a nessun altro periodo: sono originali e a me piacciono le cose originali”.

Lavorando per il cinema e la tv, è stato difficile continuare a fare teatro con costanza?

“Sì, lo è stato e lo diventa sempre di più. Ma sono convinto che il teatro sia qualcosa di cui, se riesci a farti amare dal pubblico e a costruirti un tuo spazio, non puoi più fare a meno, nemmeno a ottant’anni! Anche se richiede enormi sacrifici, so che lo farò per sempre: ogni anno cerco di dedicare almeno un paio di mesi al palcoscenico”.

Ma lo spettacolo con cui sei ora in scena si intitola “Senza impegno”!

“Il gioco è proprio quello: mi piacciono i paradossi! Non a caso, in una nota di regia ho scritto che non c’era mai voluto tanto impegno… quanto per fare ‘Senza impegno’! Ma se devo essere sincero, me l’ha suggerito Vincenzo Salemme: lui con i titoli è bravissimo!”. ★

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