L’informatica e le donne. Combinazione vincente
Secondo i dati della CRUI, Conferenza dei Rettori Universitari Italiani, in Italia la percentuale di donne laureate è più alta di quella degli uomini, sia nel caso di percorsi di studio triennali (34,5% contro 25,9%), sia per le lauree specialistiche/magistrali (50,8% donne contro 44,9% uomini). Non è tutto: le donne laureate con lode sono il 40%, mentre i maschi si fermano a un 34,7%, e anche per le votazioni di poco inferiori – fra 106 e 110 – la doppia X vince su XY: 21,7% a 18,5%. Inoltre, le nostre italiane restano mediamente meno fuori corso rispetto ai loro colleghi maschi…
Eccellenza non riconosciuta
Tuttavia, gli stessi dati ci raccontano che nei primi anni dopo la laurea le donne sono pagate decisamente meno degli uomini e che questo divario salariale in molto casi è destinato a perdurare. Un dato increscioso che ha anche a che vedere con il fatto che le ragazze italiane iscritte a percorsi universitari legati all’IT e all’ingegneria dell’informazione, campi in cui si assiste a una crescita delle offerte di lavoro, sono ancora troppo poche: un misero 12% per le lauree triennali, un insufficiente 17,5% per la specialistica.
Fra l’altro, questa situazione ci danneggia, e non poco, a livello nazionale, perché la transizione digitale che stiamo vivendo – che ha portato in campo sfide tutte giocate sulla complessità dei sistemi informatici – richiederebbe una crescita rapida di molte più figure professionali specializzate. La scarsa presenza delle donne in quelle facoltà rappresenta quindi un’enorme perdita di talenti e forza lavoro per le aziende e per la nostra economia.
Ma questa latitanza del femminile in ambito informatico ha forse a che vedere con attitudini di genere?
NO.
E questo fa arrabbiare… Oh, sì. Ma significa anche che c’è speranza.
Che ne dite di impegnarci tutti per cercare di abbattere falsi miti e riconquistarci quella corposa quota rosa in ambito tecnologico e scientifico che ci serve – subito! – per restare al passo?
La storia insegna
Se guardiamo indietro, del resto, non c’è dubbio che donne e informatica siano un’accoppiata tutt’altro che azzardata e fin dagli albori di questa scienza… Dovremmo raccontare più spesso le loro vicende alle nostre figlie.
Che ne dite, per esempio, di cominciare da quella di Ada Lovelace, la prima programmatrice della storia?
Il cognome da nubile di Ada era nientepopodimeno che “Byron”. Sì, come quello del celeberrimo poeta. Anzi, proprio quello: Ada, nata nel 1815, fu l’unica figlia legittima dell’artista, che per altro l’abbandonò in fasce.
Forse proprio per questo – per ribellione nei confronti dei talenti umanistici paterni – Ada si dedicò fin da giovanissima alla scienza e, soprattutto, alla matematica.
Ancora adolescente o poco più, grazie alla sua indiscussa cultura scientifica Ada frequentava già abitualmente alcuni dei salotti londinesi in cui si riunivano le menti scientifiche più illustri del suo tempo. Proprio in uno di quei salotti, durante una festa, conobbe il matematico britannico Charles Babbage.
Babbage catturò tutta l’attenzione della giovane scienziata mostrando ai presenti ciò a cui stava lavorando: la macchina differenziale. Si trattava di uno strumento meccanico in grado di risolvere funzioni polinomiali; si basava sul sistema decimale ed era alimentato da una manovella che faceva girare i suoi ingranaggi.
Il matematico rimase altrettanto colpito dal genio della ragazza – tempo dopo la soprannominò addirittura “l’incantatrice di numeri” – e la invitò a collaborare a distanza ai suoi studi.
Tre anni più tardi, Babbage mise a punto un altro progetto, la macchina analitica, che possiamo considerare come il prototipo di un computer meccanico basato su un sistema di schede perforate. In quel periodo la collaborazione con la Lovelace si fece ancora più assidua.
Nel 1842 la macchina analitica fu presentata a un congresso a Torino e l’ingegnere Luigi Menabrea, che ne era rimasto affascinato, ne descrisse il funzionamento in un saggio. A quel punto Babbage chiese all’amica di tradurre in inglese quel testo, autorizzandola ad apportare anche qualche modifica all’originale aggiungendo delle eventuali note personali.
Intelligenza artificiale
Il risultato fu un nuovo saggio, molto più lungo, pubblicato l’anno seguente su “Scientific Memoirs”, zeppo di commenti brillanti a proposito delle potenzialità della macchina analitica (che secondo la Lovelace avrebbe potuto elaborare anche informazioni non numeriche) e sull’intelligenza artificiale: Ada scrive di ritenere la macchina uno strumento programmabile, con una intelligenza simile a quella dell’uomo e destinata a dare una svolta alla scienza.
In particolare, nella “Nota G” della sua traduzione, la Lovelace descrisse un algoritmoda lei ideato che avrebbe potuto consentire alla macchina analitica di calcolare un elemento della serie dei numeri di Bernoulli senza dover calcolare i suoi precedenti… Ed eccolo, messo nero su bianco, il primo programma per un calcolatore mai scritto. Il primo software della storia.
Ragazzi: fu una donna di nemmeno trent’anni a gettare le basi della moderna informatica.
Le fonti:
https://www.agi.it/blog-italia/idee/ada_lovelace_prima_programmatrice-4464699/post/2018-10-09/
https://www.focus.it/scienza/scienze/doodle-ada-lovelace-software-algoritmi-matematica-babbage
Questo articolo è stato inizialmente pubblicato a questo link: https://www.linkedin.com/pulse/la-prevalenza-degli-uomini-nelle-professioni-ha-che-vedere-perrucci/?trackingId=kXt2KYTMQLNReGj%2F3niCtA%3D%3D
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