Intervista a Raffaella Rea, coprotagonista di “Pane e libertà” (Miniserie Rai Uno) – Stop 10/2009

UN GRANDE UOMO, UNA DONNA SPECIALE

In tv accanto all’attore del momento, Pierfrancesco Favino, e presto al cinema a fianco del grande Sergio Castellitto: Raffaella Rea ci racconta questo magico momento della sua carriera, inaugurato dalla miniserie “Pane e libertà”, su Rai Uno il 15 e il 16 marzo

Quella di Giuseppe “Peppino” Di Vittorio, nato oltre cent’anni fa nelle campagne di Cerignola, in Puglia, è la storia avventurosa di un uomo straordinario, che da povero analfabeta si trasformò nel paladino dei diritti dei lavoratori di un intero Paese. Soprattutto, pur avendo i toni dell’epica, quella di Peppino è una storia vera e il 15 e 16 marzo tutti potremo riscoprirla grazie alla miniserie diretta da Alberto Negrin che Rai Uno trasmetterà in prima serata. La parte del protagonista è stata affidata all’attore italiano più in auge del momento, Francesco Favino. Raffaella Rea, invece, giovane attrice partenopea in decisa ascesa, presta il volto a Carolina, coraggiosa e modernissima moglie di quell’uomo eccezionale.

«Anche se si tratta di una donna realmente esistita, non si sa molto di Carolina Di Vittorio: era suo marito il personaggio pubblico e solo la sua figura è storicamente ben documentata» ci ha spiegato Raffaella. «Mi sono convinta, però, che fosse una persona molto dolce, capace di tenere unita la famiglia con l’amore, e nello stesso tempo possedesse una forza eccezionale, atavica, tipicamente femminile, in grado di far sentire al sicuro suo marito anche quando si esponeva al pericolo. Un’intuizione che mi è stata confermata da Baldina, sua figlia, che ho avuto l’opportunità di incontrare e che ha rafforzato la mia convinzione circa l’eccezionalità di questa donna, che fu capace di rinunciare alla sua individualità per appoggiare le scelte difficili del marito».

Pensi sia una storia adatta alla tv?

«All’inizio avevo delle perplessità: in tv la gente vuole i “personaggi famosi” e anche se può sembrare incredibile, vista la sua importanza storica, sono in pochi a sapere chi fosse Di Vittorio. Poi, però, mi sono resa conto che l’impatto sul pubblico sarebbe dipeso soprattutto dalla nostra capacità di dare il giusto taglio e il giusto spessore al tutto. Anche le interviste che stiamo rilasciando e le ospitate televisive sono importanti, perché possono far capire alla gente il senso di questa vicenda, talmente universale e attuale che potrebbe anche “muovere le masse” davanti alla televisione!».

Hai appena girato anche “Tris di donne e abiti nuziali” di Vincenzo Terracciano, con a Sergio Castellitto. Quando uscirà?

«In effetti, ho vissuto un periodo a dir poco fortunato: recitare con Pierfrancesco Favino e con Sergio Castellitto… Davvero non poteva andarmi meglio! Ma ancora non so quando il film uscirà nelle sale: credo il prossimo autunno, sicuramente entro l’anno”.

Un’esperienza importante?

«Sì e per più di una ragione. Prima di tutto, girare un film per il cinema è sempre una grande gioia. Non perché ‘valga meno’ recitare per la tv, ma perché i tempi sono diversi, come è diverso il lavoro sull’attore. E Terracciano, in particolare, è bravissimo: si dedica anima e corpo ai suoi attori. E poi, per la prima volta, da quando otto anni fa mi trasferii a Roma, ho lavorato a Napoli, a casa mia, girando una storia con un sapore che mi era particolarmente familiare».

Come ti sei trovata con Castellito?

“All’inizio delle riprese, per riuscire a lavorare bene, ho dovuto sforzarmi di superare la riverenza istintiva che provavo per lui. Poi, conoscendolo, ho scoperto che vale la regola che dice che un grande attore deve essere anche una persona speciale, altrimenti ha poco da comunicare. Lui speciale lo è davvero e lavorare con lui è stato, da una parte, utilissimo, perché ho imparato tanto, dall’altra una specie di sogno, una di quelle cose che più avanti, quando ci ripensi, ti fa dire: “ma è davvero successo a me?”.

Su cosa vorresti concentrarti ora?

«Sul cinema, perché l’emozione che provo davanti alla cinepresa è ineguagliabile. Ma sto anche pensando di tornare a teatro. Dopotutto, solo lì si può “vivere” un personaggio dall’inizio alla fine, senza interruzioni. E poi, è un ottimo allenamento per la voce, per il fisico e anche per il carattere: gli attori che non hanno esperienza teatrale, in genere, sono molto più lamentosi!».   ★

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