Stop alla farsa: ecco perché la riforma Bernini su medicina è un disastro per tutti

Ma… occhio: acido sì, ma non per questo meno lucido…
Attenzione, mi sa che è in arrivo un’onda anomala: la Ministra Bernini non teme un collasso sotto il peso del “libero accesso”?
Aumento esponenziale degli iscritti al primo semestre – continuiamo a chiamarlo così, mi raccomando! Anche se durerà meno di tre mesi… (allucinante…) -: il “libero accesso” al primo semestre genererà un numero di studenti molto superiore alle attuali capacità strutturali e didattiche delle università.
Le aule non sono dimensionate per migliaia di studenti aggiuntivi. Parliamo di problemi logistici per le lezioni frontali, difficoltà nella gestione delle presenze, accesso ai laboratori, ecc.
Le università hanno le risorse per accogliere, ad esempio, 5000 iscritti per un corso che solitamente ne accoglie 500? No. Saranno costrette a fare turni, didattica a distanza “forzata”, o a creare condizioni di sovraffollamento inefficace.
Altro punto che sembra essere sfuggito completamente è l’insufficienza del personale docente! I docenti attuali non potranno gestire un numero così elevato di studenti per le lezioni, ma soprattutto per le ore di ricevimento, tutoraggio e correzione esami. E no, non è previsto un aumento proporzionale del corpo docente in tempi rapidi. Un docente che prima seguiva X studenti, ne dovrà seguire 10X o 20X. La qualità della didattica ne risentirà inevitabilmente.
Dunque, oltre al danno, la beffa
In facoltà ammirate in tutta Europa, parte della didattica verrà compromessa: con classi enormi e docenti sovraccarichi, la didattica diventerà inevitabilmente meno personalizzata e meno efficace, soprattutto in materie complesse come Chimica e Biologia.
La didattica universitaria efficace si basa anche sull’interazione. Questo sarà impossibile su larga scala. Il “semestre filtro” (semestre, ah, ah, ah!) ha tutta l’aria di una “mega-aula indistinta” piuttosto che di un periodo di vera preparazione.
Ma parliamo anche del benessere dei giovani aspiranti medici… benessere mentale, intendo: li attende un semestre – di tre mesi – di ansia e false speranze.
Lo stress psicologico sarà elevatissimo: il semestre filtro semplicemente “sposta” l’ansia, non la riduce; anzi, potenzialmente amplifica lo stress. Gli studenti vivranno tre mesi di competizione serrata sapendo che solo una minima percentuale potrà proseguire.
Anziché un test di un giorno, avranno un periodo di tre mesi sotto pressione costante, con la spada di Damocle rappresentata dagli esami per la graduatoria nazionale. Questo può avere un impatto negativo sulla salute mentale dei giovani (già abbastanza provati, per altro, non pensate?)
Altra evidenza sconcertante: il “piano B” obbligatorio è un palliativo
L’obbligo di iscriversi a un corso affine non elimina il senso di fallimento per chi non accede a Medicina, ma lo incornicia in una scelta “forzata” sin dall’inizio.
Quanti studenti si iscriveranno davvero a un corso affine per passione? La maggior parte lo farà solo per “pararsi” le spalle, senza un reale interesse, rendendo il percorso meno motivante e potenzialmente inefficace.
E i costi? Anche se non c’è una tassa specifica per il test, le spese per i trasporti, l’alloggio (per chi si trasferisce per il semestre filtro) e i materiali di studio per un periodo di tre mesi, con esito incerto, possono essere gravose. E ancora: a differenza di un singolo test, il semestre aperto richiede un impegno economico prolungato per tutte le famiglie, comprese quelle che alla fine non vedranno il proprio figlio ammesso.
Meritocrazia ed equità? Ma per favore!
E poi affrontiamolo, il vero tema, il tema centrale, veramente vogliamo accettare che ci spaccino per rivoluzionaria questa “meritocrazia di facciata”? O ci vogliamo domandare seriamente chi sarà realmente avvantaggiato?
1.Il numero chiuso si posticipa, non si elimina: la riforma sposta la selezione da un test iniziale a tre esami in un semestre. La pressione selettiva rimane altissima e si sposta su un periodo più lungo. Se ci sono 10.000 posti e 100.000 iscritti al semestre filtro, la probabilità di accesso resta bassissima (10%), indipendentemente dal metodo. Il filtro è solo “spalmato” nel tempo, non abolito.
2.Disparità di accesso a risorse e preparazione: chi avrà accesso a migliori precorsi (privati, o di tutoraggio) o a scuole superiori che preparano meglio, avrà comunque un vantaggio. LA RIFORMA NON RISOLVE LE DISUGUAGLIANZE DI BASE DEL SISTEMA SCOLASTICO in alcun modo!
Le famiglie con maggiori possibilità economiche potranno ancora investire in corsi di preparazione intensivi specifici per le tre materie del semestre, creando un vantaggio competitivo che non è “meritocratico” in senso assoluto.
3.Ma lo scopo ultimo, visto che comunque mai ci sarà posto e spazio per tutti, né in facoltà né, poi, nella professione, non dovrebbe essere cercare di selezionare bravi futuri medici?
Perché, al momento, la rivoluzionaria selezione della Ministra Anna Maria Bernini sembra riguardare la capacità di memorizzare e riprodurre informazioni in un lasso di tempo limitato, più che la reale attitudine alla professione medica. O no? Tre esami standardizzati su materie specifiche in un “semestre” (… meno di tre mesi…) non possono essere sufficienti a valutare le attitudini umane, etiche e di ragionamento critico necessarie per un medico. Allora ditelo: stiamo cercando di selezionare i “migliori memorizzatori”; non i “migliori futuri medici”.
Uhhh, e non fatemi pensare ai problemi operativi e alle tempistiche!
Nessuno può nascondere il fatto che il primo anno accademico di questa ragionatissima riforma non sarà altro che un cantiere aperto, mi sbaglio?
Vogliamo ricordare i ritardi nella definizione e pubblicazione del decreto attuativo, magari? La riforma è stata annunciata con largo anticipo, ma il decreto attuativo è arrivato molto a ridosso dell’avvio delle iscrizioni, lasciando poco tempo alle università per organizzarsi e agli studenti per capire pienamente le regole.
La gestione di migliaia di studenti in più richiede una pianificazione dettagliata di spazi, docenti, calendario esami, sistemi informatici per la graduatoria. Un decreto tardivo significa meno tempo per l’implementazione efficace, aumentando il rischio di caos e disservizi nel primo anno.
E cosa dire del coordinamento nazionale degli esami, onorevole Bernini? Sono solo io a prefigurarmelo come una sfida logistica enorme? Organizzare esami identici in contemporanea nazionale per decine di migliaia di studenti rappresenta una complessità senza precedenti. Ogni minimo problema tecnico (internet, blackout, ritardi nella distribuzione dei test) in una qualsiasi sede potrebbe compromettere l’equità e la validità dell’intero processo. La gestione delle aule, la sorveglianza, la digitalizzazione dei risultati sono sfide enormi… Ma ci pensiamo all’assurdo numero di ricorsi e controversie legali che con certezza esploderanno, rallentando ulteriormente il processo?
Il precedente test di Medicina era già fonte di contenziosi… e il Ministero cosa fa? “Risolve” con un sistema più complesso, che insiste su un periodo di valutazione più lungo e che potrebbe aumentare le aree di possibili contestazione. Avrebbero potuto battezzarla direttamente “Epic fail”, questa ragionatissima riforma, che avremmo tutti capito molto prima l’andazzo.
Ma c’è anche un’altra questione piuttosto calduccia…
Siamo davvero tutti contentoni che ci offrano più posti, a scapito quasi certamente della qualità? Non c’erano forse altre opzioni da valutare, Ministra Bernini?
L’annunciato aumento dei posti di 3.000 unità parrebbe sulla carta positivo… ma se l’università non è in grado di gestirli efficacemente, l’aumento quantitativo non si tradurrà mai in un miglioramento qualitativo. Se 3.000 studenti in più si ritrovano in aule sovraffollate e con meno attenzione didattica, la qualità della loro formazione iniziale rischia solo di peggiorare.
Andiamo, ma non è palese per tutti? Soprattutto in ambiti così delicati e strategici per la gestione e la sopravvivenza di un Paese, come la sua Sanità, non può mai essere solo questione di “quanti”, ma si deve pretendere che venga garantita la qualità del “come”!
E cari miei, questa riforma non affronta il vero nodo strutturale: la carenza di docenti, di strutture e di borse di studio adeguate per tutti i corsi universitari. Niente!
Vi rendete conto, fra l’altro, che hanno davvero pensato di aumentare il numero complessivo dei futuri laureati PRIMA di assicurarsi che ci possano essere posti in specialità per tutti loro e prima di garantire i fondi per retribuirli in quegli anni fondamentali?
I 50 milioni di euro stanziati, pur significativi, non possono coprire i costi di un aumento così massiccio di studenti e le necessarie infrastrutture a lungo termine.
Quei 50 milioni sbandierati, cari amici, sono poco più che il costo di gestione del “filtro”, non certo un investimento strutturale profondo.
Invece di concentrarsi sul solo ingresso, avrebbero potuto investire nel potenziamento dell’orientamento universitario, aiutando gli studenti a scegliere consapevolmente, prima di “sbatterli” in un semestre (… meno di tre mesi…) “filtro”; così come nel rafforzamento dei corsi di laurea delle professioni sanitarie, che sono spesso sottovalutati, ma fondamentali per il Sistema Sanitario e con minori problemi di accesso; e certamente avrebbero dovuto pensare a investimenti nella ricerca e nell’innovazione didattica: rendere l’università più moderna e attrattiva, piuttosto che incasinarla ancora di più incaponendosi sul mero meccanismo selettivo.
Che brutta vicenda.
Che brutta figura!
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